A volte mi capita di leggere degli articoli che mi fanno nascere il desiderio di scrivere, non fosse altro per smentire degli assunti che non trovano un completo riscontro giuridico e appaiono, invece, tutto tranne come un’analisi oggettiva della legislazione in materia. Se pensiamo al titolo di questo articolo, nessuno di noi ha bisogno di suggerimenti da buon padre di famiglia, ma di capire cosa dica la legge!
Ma individuiamo quale è la questione che possiamo riassumere nel seguente quesito: siamo davvero sicuri che tutti gli illeciti eseguiti in zona paesaggistica che esulano dalle previsioni del comma 4° dell’art.167 del TU 42/2004 debbano essere oggetto di sola rimessa in pristino?
Molti saranno tentati di dare una risposta immediata e negativa. Ma vi consiglio di fermarvi un attimo a riflettere prima di rispondere, per chiedervi un paio di cose:
– la legittimazione paesaggistica e legittimazione edilizia sono la stessa cosa?
– e laddove non lo fossero, in quali punti eventualmente potrebbero trovare confluenza?
Avrete già intuito che l’argomento è estremamente affastellato. E non è certamente banalizzabile pensando che via sia una circoscritta delimitazione tra “stato legittimo” edilizio e paesaggistico. Sempre, ovviamente, si riesca a rintracciare un articolo di legge che definisca lo “stato legittimo paesaggistico”, ipotesi non solo ardua ma sostanzialmente una “mission impossible”.
Venerdì scorso ho tenuto un Corso in materia di “Oneri e Sanzioni Edilizie” a Verona davanti ad un parterre di 80 persone. Il Corso prevedeva che i partecipanti potessero proporre delle domande a cui avrei dato risposta durante il corso stesso. La quantità di domande pervenuta mi ha impedito di affrontarle tutte, e tra queste è rimasta fuori anche quella che ha dato l’incipit al titolo di questo articolo. Così, non potendo portarla all’esame in contraddittorio con i professionisti presenti, anche a causa della sua complessità, ho fatto alla platea questa domanda: secondo voi è possibile fiscalizzare un illecito edilizio in zona vincolata paesaggisticamente?
La risposta è stata, per coloro che si sono sentiti di rispondere, non molti a dire il vero, sostanzialmente unanime e senza dubbio alcuno: NO!
Ovviamente li ho lasciati con il ragionevole dubbio.
Così, data la complessità dell’argomento, ho ritenuto di affrontare la questione per step, o meglio suddivisi in vari articoli, il primo dei quali è quello che state leggendo ora.
L’obiettivo è dividere le varie questioni evitando di scrivere articoli troppo lunghi, anche se il materiale ci sarebbe, allo scopo di fornire un sostegno giuridico a coloro che vogliono cimentarsi in questo complicato argomento. Si badi bene non è mia intenzione “vendere” una certezza, anche se il legislatore come vedrete è più chiaro di quanto pensiate, ma fornire un supporto che, come sopra ho evidenziato, ha il principale scopo di farvi venire un ragionevole dubbio sul fatto che non solo non esiste una definizione di “stato legittimo paesaggistico” ma nemmeno che esso possa sovrapporsi o ricomprendersi automaticamente all’interno di quello descritto all’art.9-bis del TU 380/2001. Perché, come avrete modo di scoprire, così non è.
Pertanto, in questo articolo non affronterò l’intera risposta al
quesito altrimenti tanto valeva scrivere quantomeno un piccolo libro, ma mi limiterò a rispondere solo in relazione ad una specifica previsione, peraltro tutt’altro che semplice, ovvero: cosa succede agli illeciti edilizi che rientrano nel DPR 31/2017 “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura semplificata” (d’ora in poi DPR)? Il cui titolo già ci suggerisce qualcosa.
Ricordatevi, innanzitutto, che il DPR fa riferimento (art.1, lett. f) a questa definizione precisa di “vincolo paesaggistico”, ovvero quello imposto dagli articoli 140, 141 e 143 del Codice o delle previgenti norme, ovvero quello previsto dall’art.142 del Codice. Oppure, nei soli casi ricompresi nell’art.4, c.1, lett.a), e nei punti B.2, B.7, B.8, B.9, B.14, B.21, B.22, dell’Allegato B che richiamano alcune parti dell’art.136 del TU 42/2004.
Il DPR, al di là delle definizioni riportate all’art.1, appare già estremamente eloquente a partire dalla lettura degli articoli 2, 3 e 4 i quali, per maggiore chiarezza, vengono riportati qui di seguito:
Art. 2 Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica
- Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato «A» nonché quelli di cui all’articolo 4.
Art. 3 Interventi ed opere di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato
- Sono soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato di cui al Capo II gli interventi ed opere di lieve entità elencati nell’Allegato «B».
Art. 4 Esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica per particolari categorie di interventi
- Qualora nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, siano contenute le specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico, le seguenti categorie di interventi ed opere sono esonerate dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata:
- gli interventi e le opere di cui alle voci A.2, ultimo periodo, A.5, A.7, A.13 e A.14 dell’Allegato «A», sottoposti al procedimento autorizzatorio semplificato in base al combinato disposto delle corrispondenti voci degli Allegati «A» e «B» nel caso in cui riguardino aree o immobili vincolati ai sensi dell’articolo 136, comma 1, del Codice, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest’ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;
- gli interventi e le opere di cui alle voci B.6, B.13, B.26 e B.36.
- La regione e il Ministero danno adeguata pubblicità sui rispettivi siti istituzionali della riscontrata condizione di esonero dall’obbligo di cui al comma 1. L’esonero decorre dalla data di pubblicazione del relativo avviso sui siti istituzionali.
- Nelle regioni nelle quali sono stati stipulati gli accordi di collaborazione tra il Ministero, la regione e gli enti locali di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, come modificato dall’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, nell’ambito territoriale di efficacia degli accordi medesimi, sono esonerati dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata gli interventi di cui alle voci B.6, B.13, B.26 e B.36 dell’Allegato «B».
- Sono fatti salvi in ogni caso gli specifici accordi di collaborazione già intervenuti tra Ministero e singole regioni, stipulati ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
Come potete vedere il DPR parte, passatemi il termine, col botto, STABILENDO che “Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato «A» nonché quelli di cui all’articolo 4.”
Uno che non ha mai letto il DPR sarà portato a pensare che nell’Allegato A nonché negli interventi riconducibili all’art.4, siano contemplate (ironicamente) la sostituzione delle piastrelle del bagno oppure la manutenzione ordinaria degli infissi! E invece non è così. Andiamo a vedere alcuni esempi di opere ricomprese:
Allegato A
A.2. interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfotipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, quali: rifacimento di intonaci, tinteggiature, rivestimenti esterni o manti di copertura; opere di manutenzione di balconi, terrazze o scale esterne; integrazione o sostituzione di vetrine e dispositivi di protezione delle attività economiche, di finiture esterne o manufatti quali infissi, cornici, parapetti, lattonerie, lucernari, comignoli e simili; … omissis…
A.10. opere di manutenzione e adeguamento degli spazi esterni, pubblici o privati, relative a manufatti esistenti, quali marciapiedi, banchine stradali, aiuole, componenti di arredo urbano, purché eseguite nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture preesistenti, e dei caratteri tipici del contesto locale;
A.12. interventi da eseguirsi nelle aree di pertinenza degli edifici non comportanti significative modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali, quali l’adeguamento di spazi pavimentati, la realizzazione di camminamenti, sistemazioni a verde e opere consimili che non incidano sulla morfologia del terreno, nonché, nelle medesime aree, la demolizione parziale o totale, senza ricostruzione, di volumi tecnici e manufatti accessori privi di valenza architettonica, storica o testimoniale, l’installazione di serre ad uso domestico con superficie non superiore a 20 mq, a condizione che tali interventi non interessino i beni di cui all’art. 136, comma 1, lettera b) del Codice;
A.16. occupazione temporanea di suolo privato, pubblico o di uso pubblico mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, 14 per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare;
A.17. installazioni esterne poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo;
A.22. installazione di tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato;
A.29. interventi di fedele ricostruzione di edifici, manufatti e impianti tecnologici che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti, o siano oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, purché sia possibile accertarne la consistenza e configurazione legittimamente preesistente ed a condizione che l’intervento sia realizzato entro dieci anni dall’evento e sia conforme all’edificio o manufatto originario quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico, configurazione degli esterni e finiture, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica e di sicurezza degli impianti tecnologici.
Allegato B, come richiamate dall’art.4
B.6. interventi necessari per il superamento di barriere architettoniche, laddove comportanti la realizzazione di rampe per il superamento di dislivelli superiori a 60 cm, ovvero la realizzazione di ascensori esterni o di manufatti consimili che alterino la sagoma dell’edificio e siano visibili dallo spazio pubblico;
B.13. opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove non siano oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le regioni e gli enti locali o di specifica disciplina contenuta nel piano paesaggistico approvato ai sensi dell’art. 143 del codice;
B.26. verande e strutture in genere poste all’esterno (dehors), tali da configurare spazi chiusi funzionali ad attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero; installazione di manufatti amovibili o di facile rimozione, consistenti in opere di carattere non stagionale e a servizio della balneazione, quali, ad esempio, chioschi, servizi igienici e cabine; prima collocazione ed installazione dei predetti manufatti amovibili o di facile rimozione aventi carattere stagionale;
B.36. posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei di cui all’art. 153, comma 1, del Codice, di dimensioni inferiori a 18 mq, ivi compresi le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile, nonché l’installazione di insegne fuori dagli spazi vetrina o da altre collocazioni consimili a ciò preordinate;
E’ piuttosto evidente che nel predetto elenco riportato per estratto, ci siano un sacco di opere che, pur collocate in zona paesaggistica, non sono tenute ad acquisire la relativa autorizzazione. Ma subito obbietterete: ma stiamo parlando di autorizzazione paesaggistica e non di accertamento!
A questa domanda risponde lo stesso DPR 31/2017 con le indicazioni fornite dall’art.17 “Rinvio all’articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”, che prevede:
- Nel caso di violazione degli obblighi previsti dal presente decreto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 181 del Codice, si applica l’articolo 167 del Codice. In tali casi l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 167, comma 4, del Codice, dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere.
- Non può disporsi la rimessione in pristino nel caso di interventi e opere ricompresi nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del presente decreto e realizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento non soggette ad altro titolo abilitativo all’infuori dell’autorizzazione paesaggistica.
Ma cosa ci dice tutto ciò?
Che l’art.17 fa riferimento anche alle opere abusive, e non solo a quelle eventualmente incluse nell’art.2 del DPR che, di fatto, sono irrilevanti dal punto di vista paesaggistico, ma anche a quelle riconducibili all’autorizzazione paesaggistica semplificata di cui all’art.3 e ricomprese nell’Allegato B che, in diversi casi, comportano certamente l’aumento di volume e/o di superficie, in relazione alle quali si procede alla rimessa in pristino “solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere”.
Caspita! Ma allora il “NO” categorico sentito durante il Corso comincia a vacillare! E forse anche la vostra idea iniziale.
Facciamo ora un (forse) banalissimo ragionamento ponendoci la seguente domanda: e se le opere paesaggisticamente ricomprese nell’art.2 o 4, comma 1, nonché soprattutto quelle ricomprese all’art.3 vedessero l’applicazione dell’art.17 del DPR, ma non potessero godere della sanatoria edilizia perché prive della richiesta “doppia conformità” come dovrebbero essere trattate?
Analizziamo dapprima degli esempi di opere non rilevanti dal punto di vista paesaggistico.
Uno su tutti, il Punto A.29, che contempla la ricostruzione dei ruderi o degli edifici crollati di cui all’art.3, c.1, lett. d) del TU 380/2001, ovvero una delle fattispecie ricomprese nella ristrutturazione edilizia “leggera”!
Ma come? Se effettuo la demolizione e ricostruzione, va da se fedele, di un intero edificio non ho nemmeno bisogno dell’autorizzazione paesaggistica. Come la mettiamo con le previsioni del comma 4° dell’art.167 del TU 42/2004 che, nella migliore delle ipotesi, mi permette solo opere di manutenzione ordinaria e straordinaria!
Ma anche il Punto B.26 (richiamato dall’art.4, c.1, lett. b) non scherza, perché contempla le verande e strutture in genere poste all’esterno (dehors), tali da configurare spazi chiusi funzionali ad attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero.
Non credete che in questi casi certamente si parla di opere aventi consistenza volumetrica o di superficie.
Per passare ad alcuni esempi rientranti nell’art.3, quali:
B.1. Incrementi di volume non superiori al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiori a 100 mc, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti. Ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile da eseguirsi nei cinque anni successivi all’ultimazione lavori è sottoposto a procedimento autorizzatorio ordinario;
B.4. interventi sulle coperture, diversi da quelli di cui alla voce B.2, comportanti alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfotipologiche, dei materiali o delle finiture esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto con materiali diversi; modifiche alle coperture finalizzate all’installazione di impianti tecnologici; modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di lastrici solari o terrazze a tasca; inserimento di canne fumarie o comignoli; realizzazione di finestre a tetto, lucernari, abbaini o elementi consimili;
B.16. realizzazione di autorimesse, collocate fuori terra ovvero parzialmente interrate, con volume emergente fuori terra non superiore a 50 mc, compresi i percorsi di accesso e le eventuali rampe;
B.17. realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc.
Altro che opere ritenute solo ripristinabili perché non rientranti nel comma 4° dell’art.167 del TU 42/2004, ma comunque effettuate in zona vincolata paesaggisticamente!
Direi che la questione è possibile analizzarla sommariamente in questi termini.
L’art.167, c.4, del TU 42/2004 è norma generale e dovrà essere applicata in modo coerente e compatibile con le previsioni speciali del DPR 31/2017. In questo modo non è possibile escludere che vi possano essere interventi che si traducono in un aumento del volume o di superficie e che siano soggetti all’applicazione dell’art.17 del DPR.
In base ad un pronunciamento del Consiglio di Stato del marzo 2023: “ne consegue che, per gli interventi rientranti nell’allegato B al DPR n.31/2017, la violazione di alcuna delle norme del Regolamento, in particolare la violazione della prescrizione che impone la preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica in forma semplificata, rimane regolata dall’art.17 del DPR n.31/2017, che rinvia all’art.167, comma 4, del D.L.vo 42/2004, in tal modo ammettendo la possibilità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica postuma (ovvero la compatibilità paesaggistica), anche se l’intervento si sia compendiato nella creazione di superfici utili o di nuova volumetria.” Caspita, abbiamo dalla nostra parte anche la magistratura amministrativa!
Ordunque, laddove l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente stabiliscano che siano applicabili le previsioni dell’art.17 escludendo la rimessa in pristino, la palla passerebbe al Comune competente che dovrà valutare se le medesime opere, laddove non sanabili per ragioni meramente edilizio-urbanistiche, possano godere di una delle procedure di fiscalizzazione previste dal TU 380/2001.
Se avete letto il seguente articolo pubblicato nel mese di aprile: https://onerizero.it/2023/04/26/fiscalizzazioni-degli-illeciti/ avrete scoperto che ONERIZERO si è permesso di suddividere le fiscalizzazioni in due porzioni:
– le “fiscalizzazioni maggiori” di cui agli artt.33, 34 e 38 del TUE
– le “fiscalizzazioni minori” ovvero in quelle riconducibili nei primi 3 commi dell’art.37 del TUE. Per queste ultime il legislatore non impone la rimessa in pristino, la quale è solo eventuale.
Che ai fini del presente articolo costituiscono un aspetto importantissimo perché è possibile ritenere che gli illeciti non demoliti in base alle previsioni dell’art.17 del DPR se, dal punto di vista edilizio-urbanistico, rientrano in opere assoggettabili a SCIA (ex art.22, c. 1 e 2 del TUE) possano essere fiscalizzati stante le previsioni dei primi 3 commi dell’art.37. Questo ragionamento si reggerebbe anche alla luce del fatto che il DPR deroga dalla disciplina generale dell’art.167, c.4, del TU 42/2004, obbligando l’amministrazione competente a valutare la compatibilità paesaggistica in un’ottica radicalmente diversa da quella precedente la data di entrata in vigore del DPR stesso. Perché le finalità del DPR sono quelle di salvaguardare le opere prive di rilevanza paesaggistica ma anche, e soprattutto, quelle realizzate in mancanza di autorizzazione paesaggistica semplificata.
Se per molti interventi riconducibili alla SCIA un percorso giuridico è stato rintracciato, la questione si complica quando si è in presenza di illeciti assoggettabili a permesso di costruire e quindi quelli che, al di fuori delle zone vincolate paesaggisticamente, salvi i presupposti per accedere alla fiscalizzazione edilizia, potrebbero godere della relativa procedura di cui agli artt.33, c.2; 34, c.2, e 38, c.1, del TUE.
Escludiamo, in questo momento, le fiscalizzazioni di cui all’art.38 del TUE che coinvolgono soli vizi afferenti procedure amministrative, per concederci un piccolo ragionamento sulle altre due fiscalizzazioni maggiori.
Sommariamente, dal mio punto di vista, la questione rimarrebbe circoscritta a questa domanda: nei casi in cui le difformità dell’Allegato B comportino aumenti di volume o di superficie tali da configurarsi – escluso l’aspetto paesaggistico già “risolto” ai sensi dell’art.17 del DPR – come in parziale difformità, potremmo ritenere applicabile l’art.34 del TU 380/2001 oppure ricadremmo – sempre e comunque, nell’art.31 o, al più nell’art.33 (illeciti riconducibili alla ristrutturazione edilizia in totale difformità per effetto delle previsioni dell’ultimo comma dell’art.32) che, in entrambi i casi, imporrebbero sempre la rimessa in pristino?
Come è facilmente comprensibile, in questo ultimo caso, l’amministrazione competente a vigilare sull’osservanza del vincolo si ritroverebbe ad aver valutato la NON rimessa in pristino dal punto paesaggistico per effetto dell’art.17 del DPR, e di dover – al contrario – ordinare la rimessa in pristino dal punto di vista edilizio-urbanistico per effetto delle disposizioni del TUE. Prospettazione che potrebbe essere ritenuta al limite del kafkiano, visto che il TUE ne prevede la rimessa in pristino proprio perché illeciti inseriti in zona vincolata paesaggisticamente (art.32, ultimo comma, art.33, c.3 ed art.31, c.2 e 6).
In conclusione, non è vero che tutte le fiscalizzazioni edilizie di illeciti ubicati in zona paesaggistica debbono essere oggetto di rimessa in pristino. Infatti, gli illeciti riconducibili ai primi 3 commi dell’art.37, che ben possono prevedere aumenti di volume o di superficie laddove ricadenti – ad esempio – nella ristrutturazione edilizia leggera, grazie all’art.17 del DPR, non prevedendo l’obbligo della sola demolizione ma concedendo sempre la possibilità dell’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, risponderebbero positivamente alla domanda posta all’inizio di questo articolo.
Questione più complessa, invece, risulta l’applicazione delle fiscalizzazioni maggiori, in relazione alle quali sarà certamente necessario un ulteriore approfondimento anche alla luce di alcuni pronunciamenti giurisprudenziali che, in modo troppo tranciante ma comunque retti su normativa che all’epoca del provvedimento impugnato non vedevano l’esistenza del DPR 31/2017, asserivano la possibilità della sola demolizione per tutte le opere illecite in zona paesaggistica.
Insomma, ci vediamo alla prossima puntata.