FISCALIZZAZIONE DEGLI ABUSI

Chi l'ha detto che in seguito a fiscalizzazione non sia possibile eseguire opere edilizie
Indice
– Premessa
– Punto di partenza
– Procedure di fiscalizzazione previste dalla legge
– Procedure di fiscalizzazione: suddivisione e caratteristiche
– Cosa succede quando si fiscalizza
– Cosa dice la magistratura
– Agevolazioni fiscali/contributi e opere fiscalizzate: c’è un limite?
 
1. PREMESSA

La questione centrale affrontata nel presente articolo verte sulla possibilità di eseguire interventi edilizi successivamente alla fiscalizzazione degli abusi.
Ho sentito e letto di tutto un po’ sull’argomento. Alcune posizioni condivisibili, altre molto meno.
Quello che posso dire con assoluta certezza è che, generalizzare – sia in senso negativo che positivo – in merito agli interventi edilizi eventualmente eseguibili successivamente ad una procedura di fiscalizzazione, è un macroscopico, quanto grossolano, errore.

Eh già! Dirà qualcuno di voi. Perchè ci sono diverse forme di fiscalizzazione degli abusi edilizi?
La risposta è: decisamente si!
Oppure, gli interventi eseguibili sugli immobili che hanno subito un procedimento di fiscalizzazione sono tutti uguali?
La risposta è: assolutamente no!

L’arduo obiettivo del presente articolo è di schiarire – senza alcuna alterigia – un pochino l’orizzonte giuridico.

L’articolo è, volutamente, non particolarmente lungo. Anche se, come potrete notare, non è brevissimo. L’argomento è molto complesso e, per certi aspetti, davvero poco approfondito anche dalla giurisprudenza. Per tali ragioni, mi soffermerò solo sui passaggi salienti, spingendo il ragionamento, anche in modo un po’ ribelle, allo scopo di provocare reazioni e discussioni.

Per questo l’ulteriore obiettivo è quello di lasciare lo spazio ad eventuali approfondimenti o critiche che potrete richiedere direttamente utilizzando la mail info@onerizero.it, oppure sui social dove il presente articolo verrà pubblicato.

2. IL PUNTO DI PARTENZA

Con l’entrata in vigore del DL 76/2020, convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 (in S.O. n. 33, relativo alla G.U. 14/09/2020, n. 228), è stato introdotto l’art.9-bis al TU 380/2001 “Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili” che, al comma 1-bis, dispone:
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Perchè il legislatore, per caratterizzare lo “stato legittimo” oltre a richiamare il “titolo abilitativo” ha ritenuto di fare riferimento in modo generico alla “legittimazione” della costruzione o degli interventi parziali.
Non vi era alcun bisogno di una tale precisazione se avesse voluto fare solo riferimento a permessi di costruire (in sanatoria o meno), a Scia o Dia (in sanatoria o meno), Cila, Cil. Per questo avrebbe potuto serenamente utilizzare il solo termine “titolo abilitativo”, in quanto racchiudente tutte le tipologie “autorizzatorie” previste dalla parterre edilizio.

Magari la questione non riveste una particolare rilevanza, ma nella mia mente si è, quantomeno, instillato un ragionevole dubbio che il legislatore volesse riferisi non solo ai soli titoli abilitativi edilizi in senso stretto ma anche ad altri titoli legittimanti di natura provvedimentale, purtroppo non puntualmente richiamati dall’art.9-bis.

3. QUALI SONO LE PROCEDURE DI FISCALIZZAZIONE PREVISTE DALLA LEGGE

Quando pensiamo alla “fiscalizzazione degli abusi” immediatamente la memoria va all’art.34 del TU 380/2001 “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”, ma in realtà le procedure di fiscalizzazione sono ben di più.
Facciamo un breve escursus di quali siano le varie tipologie sanzionatorie prima di entrare in merito della fiscalizzazione vera e propria.

3.1 COME SI SUDDIVIDONO E CARATTERIZZANO

La sanzione, in funzione della specifica caratterizzazione della violazione edilizia, può essere di tipo:

RIPRISTINATORIO, estrinsecabile in:
– demolizione (rimessa in pristino)
oppure
– sanzione pecuniaria (alternativa o integrativa alla demolizione nei casi specificatamente previsti dalla legge)

RISARCITORIO, o amministrativo in senso stretto: oblazione

E’ piuttosto evidente che, salva la demolizione – se staticamente possibile – comunque sempre esperibile, le sanzioni sono di DUE tipi:
– SANZIONE PECUNIARIA (alternativa o integrativa)
– OBLAZIONE

L’oblazione è la sanzione collegata alle sole opere sanabili in misura piena, ovvero quelle opere che godono della cd. “doppia conformità”. Attenzione, però, la sanatoria piena non è solo quella riferita all’art.36 ma anche quella riferita all’art.37, comma 4, del TUE. Infatti, salvo i condoni, sono gli unici due richiami normativi del TUE in cui si parla di sanatoria e doppia conformità.

La sanzione pecuniaria è invece collegata alle altre opere che, salvi alcuni presupposti, non non potendo godere della sanatoria piena, vengono sanzionate con una somma in denaro.
Per favore, non chiamatele “multe” o “ammende”. Quest’ultime sono somme comminate esclusivamente in materia penale, tant’è che in ambito edilizio, l’art.44 del TUE – trattandosi di reati contravvenzionali – parla, oltre che di arresto, di ammenda.

In materia strettamente edilizia il termine “sanzione pecuniaria” ha, invece, una esatta connotazione. Infatti, di sanzioni amministrative pecuniarie ve ne sono anche altre. Vedasi, ad esempio, quelle collegate con il Codice della Strada.

Esaminiamo ora quali sono gli abusi sottoposti a sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione.
Art.33 del TUE “Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità”;
Art.34 del TUE “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”;
Art.38 del TUE “Interventi eseguiti in base a permesso annullato”.

Ma, dal mio punto di vista, non sono gli unici.
Se date un’occhiata all’art.37 del TUE, ed in particolare al primo e terzo comma, scoprirete che anche queste possono essere riconducibili a procedure di fiscalizzazione. Li richiamo qui di seguito per maggiore chiarezza:
1. La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

3. Qualora gli interventi di cui al comma 2 sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro di cui al comma 2.

Come potete vedere nell’impianto normativo del TUE pare siano rintracciabili ben cinque tipologie di fiscalizzazione degli abusi. Dalla semplice lettura è facilmente intuibile che tutte e cinque hanno trattamenti specifici non sovrapponibili tra loro, ed esperibili con procedure amministrative diverse.

Ma in questa sede l’obiettivo non è effettuare una disamina tra le varie tipologie di fiscalizzazione. Probabilmente ci vorrebbe un trattato a riguardo. Qui, l’obiettivo è cercare di capire se dette procedure di fiscalizzazione impediscono o meno l’esecuzione successiva di interventi edilizi.

3.2 COSA SUCCEDE QUANDO SI FISCALIZZA

Dal mio punto di vista, e non solo, la fiscalizzazione può essere considerata una particolare forma di “regolarizzazione” degli abusi. Certamente non è una sanatoria piena ma non può, all’opposto, nemmeno annoverare le opere coinvolte tra quelle totalmente abusive.

Peraltro, è appena il caso di evidenziare, che le tipologie di fiscalizzazione incidono in misura molto diversa le une dalle altre.
L’art.33 annovera opere di ristrutturazione in totale difformità.
L’art.34 annovera opere in parziale difformità dal permesso di costruire, ma che possono avere consistenze anche molto diverse tra loro. Ed anche se parte della giurisprdeunza ritiene che si tratti di opere di consistenza minima, l’unico vero elemento comune – come stabilito dal legislatore – è che le opere fiscalizzabili non risultino demolibili se non a scapito della parte conforme dell’edificio.
L’art.38 riguarda interventi eseguiti in base a permesso annullato laddove la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino non risulti ammissibile o praticabile. In relazione a questa particolare fattispecie è intervenuta recentemente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che – a fronte di plurime posizioni interpretative delle Sezioni Semplici – ha ritenuto applicabile detta normativa alle sole ipotesi di vizi procedurali e non sostanziali.
Vale, però, la pena di di evidenziare come questa particolare forma di fiscalizzazione abbia gli stessi effetti della sanatoria di cui all’art.36 del TUE. Questa specifica disposizione avrebbe lo scopo di tutelare, al ricorrere di determinati presupposti e condizioni, l’affidamento ingeneratosi in capo al titolare del permesso di costruire circa la legittimità della progettata e compiuta edificazione conseguente al rilascio del titolo, equiparando il pagamento della sanzione pecuniaria al rilascio del permesso in sanatoria.
L’art.37, commi 1° e 3°, sembrano sostanzialmente delle particolari forme di fiscalizzazione per “opere minori” in quanto tutte riconducibili ad interventi che possono essere “autorizzati” con Scia ai sensi dell’art.22 del TUE.

A questo punto, pongo una domanda: a fronte della ampia diversità degli interventi fiscalizzabili si può essere ancora convinti che su detti edifici non siano ammissibili, successivamente, interventi edilizi?

Ma andiamo oltre.

3.3 COSA DICE LA MAGISTRATURA A RIGUARDO

Innanzitutto vi anticipo che, nonostante l’ampiezza e la complessità dell’argomento, le pronunce della giurisprudenza – salvo quelle legate all’art.38 del TUE – non sono da ritenersi, dal mio punto di vista, commisurate ed esaustive.
Salvo qualche caso che sono riuscita a rintracciare, che esprime una posizione molto rigida a riguardo delle opere oggetto di fiscalizzazione conseguenti all’applicazione dell’art.34, non si rinviene una posizione dominante né, men che meno, uniforme a 360°.

Mi preme, però, richiamare alcune pronunce che paiono particolarmente significative e utili a chiarire come la questione sia tutt’altro che semplificabile o, addirittura, banalizzabile in un “non si possono eseguire opere edilizie successivamente alla fiscalizzazione”!

Partiamo da due recenti sentenze del Consiglio di Stato, le n.1476 e n.1481 del 2017, che trattando l’applicazione dell’art.34 del TUE, parlano della fiscalizzazione conseguente come di una particolare forma di sanatoria. Richiamo qui di seguito il passaggio saliente: “… quando l’abuso consista nella semplice parziale difformità, è sempre la demolizione; a tale regola il comma 2 pone un’eccezione, stabilendo che “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione” pecuniaria, commisurata nel caso che interessa, di immobile abitativo, al doppio del costo di produzione. Si tratta, in sostanza, di un’ipotesi particolare di sanatoria, denominata di solito “fiscalizzazione dell’abuso”.

Sulla stessa linea anche il TAR Lombardia-Brescia n.652/2016: “Nell’ipotesi in cui, al contrario, l’amministrazione ravvisi un interesse pubblico alla demolizione delle opere abusive, che non coincide con il semplice ripristino della legalità ma principalmente con la necessità di eliminare un ostacolo al raggiungimento di un obiettivo di utilità pubblica, si pone il problema del bilanciamento con l’interesse del proprietario delle opere abusive. Il limite entro cui tale interesse privato può essere preso in considerazione è già codificato nell’art. 34 comma 2 del DPR 380/2001. In definitiva, l’ordinamento consente la stabilizzazione delle opere abusive (che è una forma speciale di sanatoria) soltanto per impedire danni alle opere eseguite in conformità.”

Molte altre si dilungano sull’applicazione degli artt.33, 34 e 38 utilizzando il termine “regolarizzazione” delle opere.

Il TAR Liguria n.589/2020 ad esempio, trattando un caso di fiscalizzazione ai sensi dell’art.34 del TUE, precisa che “In tali fattispecie il pagamento di una sanzione pecuniaria, quantificata secondo i criteri fissati nelle disposizioni sopra indicate, pur non dando luogo ad una sanatoria (tranne nell’ipotesi di titolo rimosso, per espressa previsione dell’art. 38, comma 2, cit.), svolge una funzione di sostanziale regolarizzazione delle opere.
Sulla stessa linea, seppur in misura diversa, anche TAR Campania n.5867/2016, TAR Sicilia n.3081/2020, TAR Lombardia-Brescia n.963/2019, TAR Sicilia-Catania n.3081/2020.

Ma non è finita qui.

Esiste una Circolare Ministeriale di qualche anno fa, che in modo cristallino ha affermato che nel caso di demolizione e ricostruzione di opere eseguite in parziale difformità – per le quali, non potendo procedere alla demolizione per il pregiudizio alla parte eseguita in conformità, è stata applicata una sanzione pari al doppio del costo di produzione – partecipa alla volumetria e sagoma preesistente, in fase di ricostruzione, anche la parte oggetto di applicazione della sanzione.
Il che costituirebbe una chiara indicazione: se posso fare una demolizione e ricostruzione anche utilizzando il volume fiscalizzato, posso anche eseguire tutti gli altri interventi sul preesistente. Ipotesi che ben calza al principio fondamentale in materia edilizia che salvaguarda il diritto del privato a mantenere in essere l’edificio nello stato manutentivo adeguato alla normativa vigente. Ma non solo.
Il recupero degli immobili, in vista della loro cessione e/o trasformazione secondo la pianificazione urbanistica comunale, appare un interesse pubblico assolutamente prevalente, soprattutto laddove non sembra sussistere alcuna ipotesi di pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini. Anzi, direi sostanzialmente l’opposto.
Impedire il recupero condurrebbe agevolmente ad un paradosso, nemmeno troppo infrequente. Vi faccio un esempio.
Ipotizzate che l’abuso fiscalizzato sia relativo a 20 cm di spessore terra-cielo dell’edificio. Quei 20 cm superano la tolleranza del 2% di poco. Ipotizziamo, di conseguenza, che il 97% dell’edificio sia regolare.

Con un, non troppo leggero, intento provocatorio, ritenete davvero che l’intero edificio non possa essere manutentato oppure ristrutturato?
Pensate davvero che, avendo pieno titolo di recuperare o riqualificare quel 97%, magari con l’intento di rendere antisisimica (igienica oppure semplicemente a norma) la struttura, si debba essere costretti a lasciare intonsi quei famosi 20 cm?

Credo che, anche solo questi semplici esempi possano fornire un indirizzo abbastanza chiaro. Senza contare che ci sono norme regionali che – salvo limiti specifici – ritengono “sempre” esperibili gli interventi sul preesistente.

3.4 AGEVOLAZIONI FISCALI/CONTRIBUTI E OPERE FISCALIZZATE: ESISTE IL LIMITE?

Se oltre a richiedere di intervenire sugli abusi fiscalizzati, si richiede anche qualche forma di agevolazione o contribuzione, la questione si complica molto. Anzi, moltissimo.

Partiamo dal richiamare alcuni principali passaggi normativi che collegano le opere abusivamente eseguite con eventuali richieste di agevolazione fiscale o tributaria oppure contibutiva. Attenzione però, noterete che di sanatoria edilizia si parla in modo esplicito solo in parte.

Il primo comma dell’art.49 del TUE stabilisce che: “Fatte salve le sanzioni di cui al presente titolo, gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione.”

Il comma 4° dell’art.50 del TUE stabilisce: “Il rilascio del permesso in sanatoria, per le opere o le parti di opere abusivamente realizzate, produce automaticamente, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative, la cessazione degli effetti dei provvedimenti di revoca o di decadenza previsti dall’articolo 49.”

Il primo comma dell’art.16-bis del TU 917/86 (in vigore dal 1.1.2021) stabilisce: “Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unita’ immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi:….. omissis….”

Il comma 13-bis dell’art.119 del DL n.34/2020 convertito in legge n. 77/2020 e coordinato con legge di Bilancio 2021 (legge 178/2020), dispone: “Al fine di semplificare la presentazione dei titoli abitativi relativi agli interventi sulle parti comuni che beneficiano degli incentivi disciplinati dal presente articolo, le asseverazioni dei tecnici abilitati in merito allo stato legittimo degli immobili plurifamiliari, di cui all’articolo 9-bis del testo unico di cui al DPR n. 380/2001, e i relativi accertamenti dello sportello unico per l’edilizia sono riferite esclusivamente alle parti comuni degli edifici interessati dai medesimi interventi.”

E’ facilmente intuibile che la strada da percorrere è tutt’altro che chiara e lineare.
E se esiste una saluzione, non è certamente risolvibile con il mero richiamo a qualche norma di legge, ma necessità di un anamnesi articolata ed approfondita.

Posso, anticipare che l’ipotesi di utilizzare qualche Bonus fiscale o qualche contributo proveniente da Ente pubblico che agevoli l’esecuzione delle opere oggetto di fiscalizzazione, non è affatto scontato ma neppure totalmente escludibile.

E’ chiaro che ottenere la sanatoria piena risolve sicuramente il problema.
E, seguendo il ragionamento dell’Adunanza Plenaria, il problema non si dovrebbe porre nemmeno per la fiscalizzazione ai sensi dell’art.38 del TUE.

Ma per tutto il resto? Che non è, ovviamente, poco.

Non potendo risolvere una questione così complessa in poche righe, chiudo ed apro contemporaneamente questo articolo con un paio di domande – anch’esse con un non troppo velato intento provocatorio – che dovrebbero suggerirvi qualcosa.
Secondo voi:
– le opere che non rientrano nel permesso di costruire in sanatoria, come puntualmente richiamato al comma 4° dell’art.50 del TUE, ovvero per quelle opere ricondicibili agli artt.22, 6 e 6-bis del TUE “regolarizzate” o meno con una procedura di fiscalizzazione, possono accedere alle agevolazioni?
– se il Comune – in qualità di unico Ente competente – “autorizza” la ristrutturazione dell’edificio oggetto di fiscalizzazione (ma vale anche per una eventuale manutenzione straordinaria o restauro o risanamento conservativo), esiste un limite alla contemporanea richiesta di agevolazione fiscale o di contributo pubblico, tenuto presente che le varie tipologie di agevolazione o di contributo hanno presupposti giuridici non necessariamente equivalenti?

Le risposte, almeno per quel che mi riguarda, non sono scontate e aprono certamente ad una serie di ragionamenti giuridici molto interessanti ma altrettanto impegnativi.
Per cui, vi do appuntamento al prossimo articolo.

Se ti è piaciuto il nostro approfondimento riguardo all'argomento "Fiscalizzazione degli abusi"​ e desideri approfondire il tema trattato dall'articolo, compila il form o scegli uno degli altri canali per contattarci.
Ti serve un consiglio esperto?
Scegli tu il canale

ONERIZERO opera su tutto il territorio nazionale.

Sentiti libero di contattarci per una prima verifica gratuita, un consulto, o per qualsiasi dubbio in merito a oneri e sanzioni edilizie.

scrivici

Manda un messaggio

    Facebooklinkedinmail